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STORIE DI EQUITÀ

Campioni del Mondo. Un progetto di solidarietà per trasformare le conoscenze in sorrisi

da | Gen 26, 2023

Sposato, con due figli accolti tramite adozione, Massimo Cardaci si definisce: “uno dei quasi 8 miliardi di persone che hanno la fortuna di condividere il nostro pianeta”, ricordando anche di “avere da qualche parte un pezzo di carta che attesta la fatica di aver ottenuto una bella laurea in Fisica”. “Contract Manager” nel settore scientifico dei dati Satellitari, mi spiega che nel suo lavoro si occupa di “persone, della loro vita, delle loro soddisfazioni, problematiche e aspettative”.
Massimo da alcuni anni sostiene a distanza, attraverso AFN onlus, diversi bambini (al momento 11), con il ricavato di varie attività (articoli, pubblicazioni, formazione e condivisioni varie).

Sul suo sito www.edc-consulting.org si propone di descrivere con un esempio concreto quanto ciascuno possa fare per la solidarietà verso i bambini più vulnerabili. “Ciascuno di noi è solo una piccola goccia… ma anche un oceano è fatto di gocce: ovvero in tanti possiamo fare la differenza nei confronti di tanti bambini in difficoltà”.

Massimo, sono passati poco più di due anni dall’ultima presentazione del tuo progetto sul sito di AFN (CLICCA QUI)

Sono stati due anni impegnativi per tutti, con la pandemia a ricordarci che i confini geografici sono solo segni illusori su un mappamondo e non barriere insormontabili come spesso ci viene chiesto di credere.
Una pandemia che ci ha anche insegnato come le differenze di etnia, ceto, e credo siano sovrastrutture create dall’uomo, senza una reale corrispondenza sostanziale negli elementi fondanti della natura.
In questi due anni il progetto ha proseguito la sua strada, con ben sei ragazzi che hanno terminato il loro ciclo di supporto, e che sono stati sostituiti da altri bambini che lo hanno iniziato. 

Vuoi condividere qualcosa a riguardo di questi sei ragazzi?

Per motivi di privacy (e di rispetto nei loro confronti) non si possono fare nomi, anche se mi piacerebbe potermi riferire a loro direttamente e raccontare la loro storia e i loro successi (e talenti). Il completamento del loro ciclo di supporto è per me sempre una grande emozione, perché rappresenta il raggiungimento di un percorso fatto insieme a quella persona. Una persona che ora, grazie alla sua tenacia, grazie ai volontari di AFN che hanno fatto il lavoro localmente, e al mio contributo, ha l’opportunità di un futuro migliore, sia per sé che per la sua famiglia, e per la comunità in cui vive. Sì, perché molto spesso questi ragazzi diventano loro stessi elementi attivi a sostegno delle comunità locali.
Un caso però lo vorrei menzionare, perché nel mio cuore ha un posto speciale. Quest’anno si è infatti concluso il mio primo sostegno, iniziato nel lontano 2008: un bambino che era piccolo, di un remoto paesino dell’Africa. Due occhioni neri e due gambette sottili sottili che spuntavano da un pantaloncino più grande di lui. Il tutto condito da un sorriso spontaneo, di quelli a cui non siamo abituati.
Nelle sue lettere e con le sue foto in tutti questi anni mi ha manifestato gratitudine, ma la realtà dei fatti è che io (e tutti gli altri ragazzi che lo hanno seguito) dobbiamo essere grati a lui, perché mi ha dato motivazione per continuare un percorso che non è mai stato scontato.

Quindi una grande gioia che ripaga delle fatiche per supportare un progetto comunque complesso.

Certamente la gioia è tanta, e anche un solo singolo sostegno con il suo percorso, in cui vedo quel bambino/a di anno in anno crescere, superare le sue difficoltà e poi farcela nella vita. Superando difficoltà che sono molto spesso di ordine superiore rispetto a quelle che sperimentiamo del mondo “occidentale”.
In questi ultimi sei casi però c’è anche una nota di amarezza. Infatti, due di questi ragazzi, sebbene avessero comunque raggiunto un buon stadio di istruzione, hanno dovuto interrompere il programma per cause indipendenti dalla loro volontà.
La causa di tutto questo va cercata uno sparuto gruppo di adulti, coloro che in questi ultimi dodici mesi hanno deciso di scontrarsi in guerre che la gente comune di entrambi gli schieramenti non vuole e non capisce. Parlo ovviamente del caso Russia-Ucraina, ma anche di conflitti purtroppo dimenticati in Africa.

Il progetto “Campioni del Mondo” si riproponeva (come si intuisce dal nome) di raggiungere il sostegno contestuale di 11 minori distribuiti sul nostro intero pianeta, cosa raggiunta. Che progetti per il futuro?

Infatti, il percorso iniziato nel 2008 è proseguito in modo incrementale fino a raggiungere gli undici ragazzi nel 2020.
Da allora continua, secondo quanto mi ero prefissato, a rimanere su questo numero, che rappresenta un traguardo non ovvio da mantenere nel tempo.
Ma questo è solo uno dei tre obiettivi.
Un altro è di dimostrare (a me per primo) che “si può fare”: ciascuno può trovare il tempo e il modo di trasformare i propri talenti, la propria esperienza, e i propri frammenti di tempo libero (che tendiamo a sprecare) in un aiuto concreto per il prossimo.
Non bisogna per forza arrivare ad undici: basta arrivare a UNO: siamo talmente tanti nel mondo cosiddetto “occidentale” che se ciascuno (o anche una frazione di noi) avesse un sostegno… beh fate voi i conti di quanti bambini nel mondo potremmo aiutare.
E qui si innesta il terzo e ultimo obiettivo: quello di estendere il modello ad altri, in modo da ampliare il numero di persone che si cimentano nel Sostegno a Distanza.
E in questo ultimo obiettivo, il vostro aiuto (cioè dei media e delle associazioni) è fondamentale, e quindi ti ringrazio di questa opportunità.

Cosa deve fare chi volesse iniziare?

Una domanda impegnativa perché è facile cadere nella retorica delle frasi fatte… Forse per rispondere partirei da un punto di vista non ortodosso, o non aspettato. Quindi invece di scodellare link a pagine, liste di contatti e istruzioni pratiche da declamare quasi io avessi la verità in mano, vorrei partire dalle motivazioni, i “Perché”. Vorrei condividere le mie, con la consapevolezza che vanno bene per me ma potrebbero non essere necessariamente le stesse di altri. Ma il messaggio rimane: partire dalle motivazioni, perché sono quelle che permettono di superare momenti di difficoltà (che ci saranno).

La mia prima motivazione è che tenere per me, senza condividerlo con altri, quello che mi è capitato di imparare o scoprire, o anche gli errori che ho fatto, mi fa sembrare tutto questo inutile e quindi mi demotiverebbe nello svolgimento delle mie azioni e mansioni, nella ricerca di nuove cose o competenze, e nella risoluzione di problemi. Sarebbe come vestire tutto questo di una nota di egoismo, in cui non mi ritrovo. È un concetto difficile da esprimere a parole, ma anche molto semplice intuitivamente: è un modo di sentirmi utile, e che quando in un luogo o in un tempo non ci sarò più, per qualcuno avrò fatto la differenza. Attenzione però: non si tratta della ricerca di un riconoscimento ufficiale, di medaglie o titoli, che anzi per mia indole scanso come fossero la peste, ma piuttosto la sfuggevole constatazione che ciascuno di noi è su questo pianeta “per una Ragione”, e quindi ha un qualche compito importante da svolgere per il bene di tutti, anche se non sa bene quale sia.

Collegato con questo c’è anche una motivazione di necessità di resilienza, di “ricarica delle batterie”. La vita presenta a tutti un bel portafoglio di difficoltà. Non ci sono giornate senza difficoltà, ma giornate con difficoltà semplici e giornate con difficoltà tanto difficili che ci sembra di non farcela. Ho bisogno di inserire in questo scenario dei momenti di ricarica, e nel tempo ho sperimentato che il “dare gratuito” e la gratitudine semplice e disinteressata che se ne ricava, la percezione di poter fare la differenza per qualcuno che magari neanche ti conosce, è una ricarica potentissima. Perché da appunto un senso alle mie fatiche.

Capito il “Perché”, poi tutto diventa più facile e vi ritrovate in un nonnulla a guardare e riguardare quei due occhioni che vi sorridono da una foto, o a leggere e rileggere i progressi di un bambino che dall’altro capo del mondo sta lottando con voi per farcela ad avere un futuro.

Grazie Massimo. Per chi volesse approfondire, può andare al sito referenziato all’inizio dell’articolo

Giovanna Pieroni

Foto anteprima: Lorenzo Fiorillo

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