Naseem a quindici anni dall’adozione parte alla ricerca delle sue origini nell’India orientale. Da una storia vera, il libro di Daniele Gouthier
I bambù sparsi ovunque, gli alberi di mango, i ruscelli e i canali d’acqua dappertutto. Naseem è finalmente a Mazgama nell’India nordorientale. In tanti sono lì ad aspettarlo, corrono ai lati della strada e sui muretti. Centinaia di bambini, i genitori, nonni, parenti, abitanti di Mazgama e dei villaggi vicini: una folla lo guarda percorrere in senso contrario quella strada che, nell’innocenza dei suoi 8 anni, aveva imboccato, conducendolo lontano, nell’immensità delle campagne indiane fino a perdersi nella grande città di Dehli.
Accolto in seguito tramite adozione internazionale dalla famiglia di Savino e Anna Campana, Naseem ha cominciato a vivere a Firenze, ma anche quando è ben integrato il bisogno di mettere insieme i pezzi della sua vita non lo abbandona mai.
La sua storia è stata scritta con immediatezza e coinvolgimento da Daniele Gouthier, matematico e scrittore, anch’egli padre adottivo. “Sulle tracce di un sogno” è un libro in preordine su Bookabook che uscirà in tutte le librerie la prossima primavera ed è un reading che l’autore porta in giro per l’Italia.
«Naseem ha cominciato a parlarci della volontà di ricercare le sue radici indiane a 17 anni, dopo una fuga di 10 giorni a Roma. – Spiega la madre Anna – Non ci aveva mai raccontato nulla della sua storia perché parlandone temeva di sciupare i ricordi, considerati uniche tracce a disposizione per tornare al suo villaggio. Ha tenute tappate talmente tante emozioni, anche se noi gli avevamo assicurato che non l’avremmo fermato nella ricerca delle origini. Allo scrittore Daniele Gouthier ha raccontato tutto, e noi la sua storia l’abbiamo saputa attraverso il libro. Io aspettavo di leggere i capitoli per conoscere la sua vita».
Naseem non era stato abbandonato, né tolto ai genitori, ma era scappato di casa per fuggire ad una punizione del padre, un giorno di autunno quando aveva 7 anni, dopodiché, fattosi prendere dalla curiosità di esplorare, era salito su un treno che l’aveva portato lontano senza più riuscire a tornare a casa. In India sono 80 mila i bambini che ogni anno vengono perduti. Essi, oltre il dolore del taglio dalla famiglia, quando ad un certo punto capiscono cosa hanno fatto nell’innocenza della loro infanzia, vivono il dramma di sentirsi colpevoli e sentono la necessità di rimediare gli errori commessi. Così Naseem, ormai adolescente per vivere nel presente e proiettarsi nel futuro, ha bisogno di ritrovare il filo del passato.
In generale nell’adolescenza le incomprensioni coi genitori sono inevitabili, ma le tensioni e i silenzi di un figlio adottivo sono ancora più complessi. «Riconoscere le radici buone del figlio, che ha una sua famiglia d’origine, gli dà le condizioni per avere un’identità compiuta». – Dicono Anna e Savino. – «Occorre coraggio per la scelta adottiva perché si ha che fare con ragazzi molto feriti. Non basta l’amore ci vogliono degli strumenti, bisogna farsi aiutare ed essere pronti a un’apertura grande verso il mondo esterno. Naseem combatteva il nostro amore, ‘voi mi volete fare vostro figlio, ma io non sono vostro figlio’, quindi è stata una lotta dura fargli credere nel nostro affetto e trasmettergli la certezza che lui poteva sentirsi come si sentiva, ma che noi gli volevamo bene comunque».
Naseem ha in mente solo una cosa: la ricerca del suo villaggio e la vuol fare da solo. Ma non conosce il nome del suo paese e data l’immensità dell’India orientale, ciò è una missione davvero impossibile. La lingua ormai non la ricorda più dopo tanti anni e i ricordi, nitidi e intensi, sono scomposti e non collocati nello spazio e nel tempo. I genitori sono preoccupati, ma Naseem è risoluto: festeggerà il suo 23esimo compleanno nella sua terra.
A sostenere e accompagnare il sogno di Naseem, è Manikant Gupta, un ingegnere Informatico indiano che la famiglia Campana aveva incontrato in aeroporto tornando dal viaggio dove aveva adottato Naseem. Egli traccia un itinerario nel Bihar sulla base dei ricordi frammentari della sua vita e attiva da Londra, dove risiede, una squadra costituita da un interprete, un medico, una troupe televisiva, la collaborazione della polizia.
Grazie a Manikant, Naseem contro ogni speranza, riesce a ritrovare la strada di casa e da quel primo viaggio in India nel 2013, ne sono seguiti altri nove. I soggiorni abbastanza lunghi gli hanno permesso di recuperare la lingua madre ed essere in grado di comunicare senza intermediari con i suoi familiari e i 18 nipoti indiani.
Manikant desidera far conoscere questa storia perché è un esempio di collaborazione straordinaria tra religioni: il ragazzo musulmano, Savino e Anna cattolici, lui induista: «Shiva mi ha lanciato la freccia per l’unità dei popoli e delle religioni, tutti uniti per i più piccoli della terra». – Commenta Manikant secondo cui «adottare un figlio di un’altra religione e cultura è un grande gesto d’amore» e preferisce parlare di adozione interculturale, piuttosto che di adozione internazionale, «poiché quando un bambino viene adottato porta con sé la cultura in cui è nato e si scontra con quella della famiglia adottiva. Le nazioni non hanno alcun ruolo nella vita. E’ tra le culture che figlio e genitori devono vivere il loro incontro e trovare un equilibrio».
Sulle tracce di un sogno è una vicenda vera, corale, con protagonisti di paesi, culture e religioni diverse. Una storia unica e straordinaria, in cui ciascuno può ritrovarsi in quel bisogno comune di ricerca di se stessi e volontà di metterci in cammino insieme, al di là delle mille piccole grandi differenze che sembrano dividerci. Una storia che soprattutto i giovani devono conoscere perché, come afferma lo stesso Naseem, «continuino a credere nei propri sogni e li perseguano anche se sembrano impossibili».
Giovanna Pieroni