STORIE DI MONDIALITÀ

Scuola Unipar, Paraguay. Un mondo di terra rossa da condividere

da | Set 1, 2022

Sono Martina, ho 36 anni e sono appena rientrata in Italia dopo un’esperienza di quasi 2 mesi di volontariato in Paraguay (ammetto che sono andata a cercare sulla mappa dove fosse esattamente!).

Per me decidere di partire come volontaria è stato come sentire una chiamata. Un desiderio che avevo da tempo e che ho potuto rendere reale. Quando si ha Amore nel cuore credo sia sempre un bene saperlo donare. Ho vissuto per quasi due mesi in un Mondo di terra rossa, minuscolo e fatto del niente dove si nasconde un Mondo infinito fatto di tutto.

 Ho sentito un incredibile calore umano. Come sentirsi parte di una grande famiglia e di farne parte da molto tempo. Non dimenticherò mai la dolcezza dell’abbraccio di Katy, la ragazza che mi ha ospitato, il giorno in cui sono arrivata. Un abbraccio che mi ha fatto sentire subito a casa. “Mi casa es tu casa”, mi disse. Con generosità sono stata ospitata da una giovane coppia del Barrio, Katy e Miguel, con la quale ho subito innescato una connessione profonda e libera. Aver vissuto insieme a loro, circondata dalle famiglie del Barrio (circa 50!), dai bambini, dal reale e difficile contesto in cui mi trovavo, ha fatto la differenza.

Sono partita con una Valigia di curiosità, gentilezza e con il cuore aperto a creare uno scambio di bene, senza alcuna aspettativa e sono tornata a casa con un Bagaglio di Vita. Come una pittrice che dipinge un quadro a mano libera su una tela completamente bianca. Con una tavolozza e pennelli, giorno dopo giorno, ho iniziato a dar forma al dipinto dove i colori sono stati gli sguardi, i sorrisi, la generosità, le difficoltà, la semplicità, gli abbracci, l’entusiasmo, l’accoglienza, la dignità, la gratitudine, la povertà, l’unicità e lo stupore dei bambini e di tutte le persone che ho incontrato.

Il progetto del quale ho avuto l’onore di far parte opera nel contesto scolastico. La scuola Unipar, nel piccolo Barrio di San Miguel de Capiatà, è composta da circa 65 bambini dai 4 ai 7 anni (per un totale di 4 classi!). Il nome della scuola racchiude in sé tutto il suo valore e significato: Unipar, Unidad y Partecipation. Le attività riguardano il sostegno scolastico, la fornitura di almeno una merenda giornaliera per rafforzare le capacità cognitive di ciascun bambino e una dedizione sconfinata da parte delle Professoresse Nancy, Lety, Francisca, Gabriela e della Direttrice Yamile (oltre a tutte le altre persone volontarie, e non, che ne fanno parte!).

Aprender Jugando” è il metodo che questa scuola utilizza. Ne sono rimasta fin da subito affascinata e così mi son fatta trasportare ed entusiasmare nel creare le mie lezioni. Unica italiana, unica volontaria, con la difficoltà della lingua (sono partita sapendo una manciata di parole in spagnolo), un’altra professione nella vita (agente di viaggio), in un altro contesto, realtà, disagi, condizioni, usanze… per me è stata una bella prova.  Ero la “Profe Martina”, la Profe di ginnastica ed inglese.

Assieme alla Direttrice della scuola ho trovato “spazio, forma e colore” nel progetto. Il tutto è avvenuto con estrema naturalezza, come essere in un flusso ed esserci pienamente. Mi sono sentita a mio agio, libera di esprimermi al 100%, di essere me.  Ogni giorno ero dedita a pensare e creare una lezione specifica per la classe in base all’età, che fosse nuova e stimolante per i per i bambini, traducendola dall’italiano allo spagnolo (portando sempre con me un quadernetto degli appunti) ed utilizzando idee e materiali che trovavo osservandomi in giro. Hanno avuto la capacità di farmi sentire “me” dall’altra parte del Mondo e, forse, tirar fuori una delle mie versioni migliori.

Con i più piccoli creavo lezioni orientate a stimolare la curiosità, l’immaginazione, tutti i sensi (olfatto, tatto, udito) oltre che a coinvolgerli attivamente. Con i più grandi ginnastica per la coordinazione, spirito di squadra, collaborazione, cooperazione unite a delle lezioni di inglese e geografia (almeno per fargli capire da dove arrivavo). E quando i bambini mi chiedevano “Profe Martina quando abbiamo lezione insieme?”, “Profe Martina se oggi non hai il tuo quadernetto vuol dire che non facciamo ginnastica?”, “Profe Martina stai seduta vicino a me a lezione?”, “Profe Martina non hai la merenda? Ti do un pezzo della mia”, “Profe Martina grazie per tutto l’amore che ci hai donato”… mi hanno fatto sentire Viva.

Oltre a questo progetto in cui ero impegnata nei pomeriggi,  ne seguivo un altro al mattino, nato direttamente sul posto e del quale mi sono sentita fin da subito di farne parte attivamente. Un’esperienza forte, vera che mi ha messo di fronte alla realtà “nuda e cruda” in un contesto di grandi controsensi. Un rapporto autentico ed umano a tu per tu con un’adolescente del Barrio, dimenticata. “A che ora ci vediamo domani Profe, alle 6 di mattina?”, ”Profe Martina posso venire in Italia con te?” o quando mi vedeva arrivare e mi correva incontro per abbracciarmi. Eravamo io e lei nelle nostre mattine da “compartir”. Mi ha fatto riflettere sul valore, unicità, dignità e uguaglianza di ogni singolo essere umano e di quanto, anche un piccolo “ladrillo” (mattone), possa fare la differenza nella vita un bambino.

Durante alcuni fine settimana, nei giorni in cui avevo del tempo libero, per mia “deformazione professionale” ed indole curiosa ho esplorato i dintorni utilizzando i mezzi pubblici (delle vere avventure con il “Colectivo”, bus senza fermate ed orari), visitato le cittadine, mangiato con la gente locale ai mercati, facendo piccoli acquisti nei negozi di artigianato, intrufolandomi nelle “fabbriche” e nelle realtà locali avendo così la possibilità di una visione più ampia non solo del progetto ma del paese stesso. L’osservare (e non semplicemente guardare), mi ha permesso di contestualizzare e conoscere ancor meglio il contesto in cui vivevo ed operavo. “Il Paraguay è improvvisazione e ogni giorno un’avventura”, mi diceva Miguel. Ed io con un sorriso sulle labbra ed una risata gli rispondevo sempre “Eh, me ne sono ben accorta”.

Le mie giornate erano giornate di Vita, non le trascorrevo, le Vivevo pienamente nel presente. Dal Paraguay, che dalla lingua Guaranì paraguaiana significa “Oceano che va verso l’acqua”, mi porto a casa… un arricchimento ed un’evoluzione interiore; la conoscenza di nuove persone, culture, tradizioni, contesti geografici; il valore del tempo e dell’attesa; il calore umano; il sapersi affidare; l’improvvisazione e la non programmazione; lo stupore; il vivere l’ignoto con curiosità e non con timore; la gratitudine quotidiana; la fede; il valore umano e non materiale; il dare nuova vita, riciclando; il senso di comunità; quanto si possa dare e ricevere in uno scambio di bene; l’esserci per il piacere e non per il dovere; la scoperta che il mio modo di affrontare la quotidianità è solo uno dei tanti modi possibili; vedere nuove prospettive; seguire l’andamento del sole, il ritmo e vivacità della natura; il riconoscere l’unicità ed il valore di ciò che accade nella giornata senza la necessità di riempirla con attività programmate; la consapevolezza delle mie capacità di adattamento e cambiamento nell’affrontare situazioni nuove; come i momenti difficili siano stati ripagati anche solo dalla soddisfazione di averli superati; una me in una nuova veste; il vivere ed esserci pienamente nel presente e non in proiezioni future; la disconnessione dal mondo digitale; il saper dedicare momenti di condivisione autentica ad un ascolto interessato; il cogliere l’essenza dei luoghi e persone e saperla fare mia; la libertà di essere me.

Ricordo ogni singolo giorno di questi due mesi, mi è quasi sembrato di stare via da casa per un anno intero. Non è stata unicamente un’esperienza, è stato un pezzo di vita. Il giorno in cui sono dovuta ripartire per l’Italia mi domandavo come avrei fatto senza i bambini, le professoresse, la mia famiglia Paraguaya, la gente del Barrio. Poi ho compreso che una ricchezza non sarà mai una mancanza.

Martina Fantini

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