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Regolarizzare non le braccia, ma gli esseri umani.

Regolarizzare non le braccia, ma gli esseri umani.

Come funziona la misura di regolarizzazione dei migranti. Tra opportunità e ombre.

Dopo una lunga discussione è stata finalmente approvata, lo scorso 13 Maggio, la misura per la regolarizzazione dei migranti che vivono in Italia, contenuta nel cosiddetto Decreto Rilancio. Si tratta di un considerevole passo in avanti nel riconoscimento dei diritti fondamentali e nella tutela dei lavoratori, ma rischia di diventare un provvedimento poco efficace.

Secondo alcune stime potranno accedere a questa misura circa 200mila delle 600mila persone che vivono nel nostro Paese senza un regolare permesso di soggiorno. Infatti, si è scelto di riservare questa possibilità solo ad alcune categorie lavorative, ovvero i settori della cura delle persone non autonome, della casa e il settore dell’agricoltura, più soggetti al rischio di lavoro irregolare e mancanza di tutele. La richiesta di regolarizzazione può avvenire attraverso due canali: il datore di lavoro può richiederlo per un suo dipendente che vuole assumere in maniera regolare, oppure il migrante stesso può richiedere un permesso temporaneo per cercare lavoro. Questo secondo canale, tuttavia, può essere usato solo da coloro che dimostreranno di aver già lavorato nei settori produttivi individuati dalla riforma. Saranno inoltre respinte le domande di datori di lavoro condannati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, o riduzione in schiavitù (art. 600 codice penale), intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bus codice penale) o se i lavoratori non saranno assunti in seguito alla regolarizzazione. Saranno escluse anche le persone straniere che hanno già ottenuto un decreto di espulsione, quelli condannati per reati contro la libertà personale, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione o emigrazione clandestina.

Questa norma, presentata dalla Ministra Teresa Bellanova, rappresenta un’importante opportunità per moltissime persone che si trovano ancora oggi in situazioni drammatiche e che non vedono riconosciuti i propri diritti nonostante, molte di queste, siano in Italia da anni. Tuttavia, un provvedimento che mira all’emersione del lavoro nero e dello sfruttamento, rischia di risultare poco incisivo, soprattutto in un settore, come quello agricolo, in cui il caporalato e lo sfruttamento dei braccianti rappresentano nella maggior parte dei casi problemi ben radicati. Se a questo aggiungiamo la difficoltà di accesso, una burocrazia spesso troppo complicata, soprattutto per persone straniere, e la paura che molti migranti irregolari hanno delle istituzioni, il rischio di inefficacia appare sempre più elevato.

In ultimo, c’è una questione etica. Una regolarizzazione, soprattutto in tempi di emergenza, non dovrebbe essere limitata soltanto ad alcune categorie che sono funzionali al riavvio della nostra economia. Dovrebbe essere una opportunità aperta a tutti coloro che, specie dopo gli ultimi decreti sicurezza, non hanno visto riconosciuto il proprio status giuridico, e che per questo non vedono garantiti i propri diritti fondamentali. Dovrebbe essere riconosciuta per motivi umanitari e di salute generale. Perché, come sostiene il leader del sindacato Usb Aboubakar Soumahoro, “non vanno regolarizzate le braccia, ma gli esseri umani”.

Anita Leonetti