L’importanza di conoscere i propri diritti.
“La violenza di genere contro le donne è un fenomeno che ha radici profonde anche nel nostro Paese e per questo occorre dotarsi di strategie adeguate a combattere questo fenomeno. È fondamentale conoscerlo, analizzandone caratteristiche e dinamiche”. È quanto afferma, nella relazione approvata lo scorso anno, la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, che analizza i dati statistici e le cause sociologiche della violenza di genere.
Siamo tristemente abituati agli scenari di abuso nei confronti delle donne nella cronaca quotidiana. Appare doveroso quindi studiarne le cause per azzerarne gli effetti.
L’analisi di questi scenari diventa ancor più complessa se ci si cala nella realtà odierna e la si affronta contestualmente al fenomeno delle migrazioni. Dalla relazione emerge infatti un dato interessante, ovvero che in Italia la quota di donne migranti che dichiara di aver subito violenza fisica o sessuale è pressoché identica a quella delle donne italiane (31,3% contro 31,5%). Tuttavia, le forme di violenza cui le donne migranti sono esposte sono molto gravi e si registrano sia all’interno di relazioni instaurate nel paese di origine (68,5%) che in Italia (19,4%).
È fondamentale chiedersi il perché.
La prima causa è da rintracciare in una mancanza di informazione. Le donne migranti che vivono sul nostro territorio non ricevono sempre adeguate informazioni sugli strumenti predisposti dalla legge in caso di violenza, o in generale in merito alla tutela dei diritti fondamentali assicurata loro sul territorio italiano.
Questo comporta un fattore decisivo nella percezione che esse stesse hanno dei propri diritti e delle proprie possibilità.
Altro fattore di rischio è rintracciabile nell’elevata ricattabilità delle donne migranti. Spesso accade che queste non dispongano del permesso di soggiorno né del passaporto, perché sottratti dall’uomo che le accompagna.
Le disposizioni in materia di permesso di soggiorno per motivi familiari (Art. 30 D. lgs. 286/1998) stabiliscono la revoca permesso nel caso venga meno la convivenza. Questo pone le donne maltrattate in una condizione di disparità di potere nei confronti del convivente. Mettendole di fronte alla scelta di cadere nell’irregolarità qualora decidessero di fuggire dalla violenza domestica.
Molte donne migranti non sanno però che esiste una disposizione, sancita dal diritto internazionale, che prevede il rilascio di un titolo di soggiorno a coloro che denunciano violenza domestica, proprio per l’obbligo che ogni Paese ha di assicurare adeguata protezione e assistenza alle vittime di soprusi (Ex art. 18 bis D. lgs. 286/1998).
Purtroppo questo istituto rimane pressoché sconosciuto e questa mancanza di informazione non permette alle donne di avere una completa visione delle possibilità di tutela che avrebbero il diritto di ricevere, facendole cadere in una spirale di silenzio ed emarginazione.
Da queste considerazioni appare evidente come una corretta informazione e un supporto adeguato possano fare la differenza in molte situazioni di violenza di genere, specie se si tratta di donne provenienti da Paesi lontani, senza chiari punti di riferimento. Ma un fattore importante per la prevenzione di episodi di violenza è anche la creazione di una rete. La possibilità di instaurare delle relazioni umane che aiutino le vittime a conoscere il territorio e ad avere contezza dei propri diritti di donne.
Solo insieme si può uscire dall’anonimato, dall’invisibilità, dall’emarginazione e combattere la paura.
Anita Leonetti