Si è abituati a concepire il sostegno a distanza come qualcosa di “lontano “, estraneo alla nostra vita quotidiana. Quella buona azione gratuita con la quale si contribuisce alla crescita e al futuro di una persona disgiunta da noi, in un contesto diverso dai nostri quartieri e case.
Talvolta però, appare doveroso modificare le prospettive e accorciare le distanze, in linea con i cambiamenti in corso e con le nuove esigenze. E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, la portata delle massicce ondate di migranti che approdano quotidianamente sulle coste italiane, in condizioni disastrose. A rendere tutto più tragico è l’alta percentuale di Minori stranieri non accompagnati ( i cosiddetti M.S.N.A. ) che si imbarcano verso l’ignoto, soli, senza la propria famiglia.
Inutile spiegarne lo stato d’animo, il senso di smarrimento, la solitudine. A raccontare le loro storie è Flavia Cerino, coordinatore del progetto in Sicilia, avvocato civilista del foro di Catania, esperto di immigrazione e tutore di numerosi M.S.N.A. E’ lei che per prima intuisce il disagio di giovani, spesso poco meno che maggiorenni, che approdano in un Paese assai distante dalla propria cultura e che spesso non si sentono integrati come si aspettano. E’ da lei che, con la collaborazione della cooperativa Fo.Co., è partito l’input per la nascita del progetto “Fare sistema oltre l’accoglienza “, promosso da AFNonlus e AMU e presentato lo scorso venerdì 26 Febbraio presso la sede di Grottaferrata.
Durante questo tavolo di lavoro, finalizzato all’esposizione del progetto e alla possibilità di inserire contributi esterni, si sono riuniti gli esponenti di AFNOnlus e AMU, Famiglie Nuove, i presidenti e delegati dei Forum regionali delle Associazioni familiari, i rappresentanti di AIPEC ed Economia di Comunione e, in videoconferenza, l’avvocato Flavia Cerino e alcuni referenti delle sedi periferiche di AFN.
Soggetto del dibattito sono stati i Minori stranieri non accompagnati, fascia molto fragile, la cui debolezzaè data sia dalla mancanza di formazione, sia dal pesante bagaglio emotivo che trasportano. Il loro obiettivo primario consiste, infatti, nel trovare presto lavoro, al fine di un guadagno immediato, anche minimo, da mandare alle famiglie rimaste nel Paese d’origine. Spesso accade, però, che quello che l’Italia offre per l’accoglienza non corrisponda alle aspettative dei ragazzi. Per i più sfortunati, la conseguenza di tutto ciò è una mancata integrazione sociale e lavorativa e il facile reclutamento nelle organizzazioni criminali.
Quello che il progetto propone è proprio offrire loro una concreta opportunità di inserimento lavorativo, attraverso la creazione di una rete di accoglienza comprensiva di aziende, operatori e famiglie. L’obiettivo principale è quindi la diminuzione del rischio di emarginazione per i giovani con scarse opportunità di formazione professionale e la loro integrazione socio-lavorativa.
Per facilitare la realizzazione di questo obiettivo sono previste varie attività , che vanno dall’istituzione di corsi di formazione per i ragazzi, a seconda delle attitudini di ciascuno, alla possibilità di tirocinio nelle aziende che desidereranno partecipare al progetto. I territori sui quali si svolgeranno tali attività sono la provincia di Catania e quella di Ragusa, aree maggiormente interessate dal fenomeno migratorio degli ultimi anni.
A fare da cornice, la presenza delle famiglie che potranno dare il loro contributo in termini di aiuti concreti e ospitalità ai ragazzi nei periodi di festa o per un tempo limitato. Quello che c’è alla base è la volontà di ampliare la famiglia, aprirla a nuove relazioni affettive, in un clima di scambio reciproco. L’idea nasce dalla testimonianza positiva di alcune famiglie che hanno già avuto esperienze di accoglienza. Per facilitare l’incontro e lo scambio tra i soggetti coinvolti nel progetto, è prevista, inoltre, la creazione di un database con un’apposita pagina web correlata.
Attraverso questo strumento si agevolerà il coordinamento delle disponibilità e delle necessità di tutte le persone interessate. E’ già dal titolo del progetto che se ne intuiscono gli obiettivi principali. “Fare sistema “è possibile attraverso i mezzi messi a disposizione dalle aziende e dagli operatori, mediante i quali i ragazzi possono diventare a loro volta mediatori culturali, garantendo la sostenibilità futura dell’azione. Ma per andare “oltre l’accoglienza “è necessaria la carica affettiva che solo una famiglia può offrire, creando una rete di sicurezza all’interno della quale milioni di giovani provenienti da Paesi diversi possono sentirsi realmente parte della società e di una casa. E’ solo con questo entusiasmo che, nel calore familiare, si possono esaurire le molteplici declinazioni dell’accoglienza, che non conoscono distanze.
Anita Leonetti