L’incredibile vicenda di un uomo diventato custode del centro sociale Bukas Palad
Una vita incredibile e ci mancava anche il tifone Haiyan, uno dei cicloni più violenti di sempre, che ha colpito le Filippine nel novembre del 2013. Un vento impetuoso spazza Tacloban, capoluogo della provincia di Leyte, una delle città più colpite dalla furia e si sposta, poi, sull’isola di Cebu. Migliaia sono i morti, i feriti e gli sfollati: cento di loro trovano accoglienza nel centro Bukas Palad, nel quartiere Mabolo della città di Cebu, non distante dal porto internazionale. Ad accoglierli anche Krugger Tabada, il custode del centro sociale voluto nel 1987 dai Focolari per assistere circa 1200 famiglie molto povere con un centro di assistenza medica, una scuola materna, corsi di sartoria, alfabetizzazione e igiene per adulti. «In quel periodo ‒ racconta Krugger Tabada ‒ non avevo tempo neanche per dormire e per mangiare. A ogni ora del giorno e della notte arrivavano degli sfollati a cui dovevo provvedere per ogni cosa. Volevo amarli e coinvolgerli nel clima di rispetto reciproco di Bukas Palad. Così, ad esempio, tutti hanno aiutato a dare una mano a cucinare e lavare i piatti. Si è creato un clima di famiglia, tanti si sono scusati per il disturbo e hanno ringraziato dell’amore ricevuto».
L’approdo di Krugger Tabada al centro sociale è avvenuta dopo una serie di vicissitudini infinite. «Sono cresciuto ‒ spiega Krugger ‒ senza aver mai conosciuto i miei genitori e sono vissuto con mia nonna finché è morta». La disabilità che lo accompagna dalla nascita non gli permette di stare in piedi da solo e scopre che anche con delle canne di bambù può sorreggersi. Vaga così per la città, a soli nove anni, senza meta, senza cibo, cercando cibo nell’immondizia, come tanti bambini poveri della città.
«Un giorno, esausto, ‒ aggiunge Krugger ‒ sono entrato in una chiesa, per riposarmi dopo aver camminato a lungo sotto il sole. Ero affamato». Nonostante fosse in un angolino, una famiglia, dopo la messa, lo nota, s’interessa di lui, gli chiede dove abitava, dove era diretto. Krugger è come un bambino senza bussola alla ricerca di un oasi nel deserto. Con una generosità smisurata la coppia gli offre ospitalità, gli danno una stanza tutta per lui, come fosse un figlio accanto agli altri, e lo iscrivono a scuola. I suoi problemi sembrano risolti, ma alcuni anni dopo, i genitori adottivi sono investiti da un camion mentre andavano a prenderlo a scuola. Muoiono sul colpo. I loro figli ritengono Krugger responsabile e lo cacciano via di casa. «Non ho potuto ‒ ricorda Krugger ‒ prendere nulla dalla mia stanza, ma, prima di andarmene, una figlia, di nascosto, mi ha messo un po’ di soldi nelle mani. Li ho ringraziati per tutta la loro bontà e per avermi permesso di studiare».
Krugger è coriaceo, volitivo, non molla mai. Affitta una baracca nel quartiere di Mabolo, lavora come cameriere in un ristorante, ma per la sua disabilità non riesce a evitare una bambina che correva e cade rovesciando a terra tutte le portate che doveva servire nei tavoli. È licenziato e di nuovo sulla strada.
Un altro lavoro spunta all’orizzonte. È impiegato in una fabbrica di conchiglie destinate all’esportazione e la vita finalmente sembra accennare un sorriso fugace. Krugger s’innamora di Maria, anche lei disabile, la sposa e hanno un figlio: Krugger Junior. Nella sua odissea senza fine, la moglie s’ammala e anche il quadro clinico del figlio appena nato è grave. «Ho pregato Dio che mi lasciasse almeno uno dei due». Maria non ce la fa, Krugger Junior sopravvive. È un bel bimbo, sano e intelligente.
L’imprenditore giapponese che gestisce la fabbrica di conchiglie fallisce e chiude per bancarotta. La proprietaria dell’immobile sfratta tutti «ma a me, meno male che è intervenuta la provvidenza, ‒ commenta Krugger ‒ mi chiede di restare per diventare il custode di un edificio ormai vuoto». Qualche tempo dopo alcune focolarine, visto che il loro centro sociale Bukas Palad era stato gravemente danneggiato da un incendio, chiedono di poter affittare la vecchia fabbrica di conchiglie. «Sono stato gentile ‒ commenta Krugger, ma temevo che se fosse stata affittata, mi sarei trovato di nuovo senza casa e lavoro». Invece, le focolarine, affittano la fabbrica e gli chiedono di restare come custode. «Attraverso di loro ho capito che Dio mi ama e ho imparato il mestiere di panettiere. Mio figlio è stato preso in affido da una famiglia che lo porta spesso al centro sociale Bukas Palad per stare con me e frequentare la scuola materna». Il 4 aprile compirà 4 anni. Auguri Krugger Junior!
di Aurelio Molè